giovedì 26 marzo 2009

«In due anni 500.000 disoccupati in più»

Fabio Lombardini

Berlusconi:
«Italiani lavorino di più.» «Chi è stato licenziato si trovi qualcosa da fare, io non starei con le mani in mano.»

Confindustria: «Il Pil nel 2009 segnerà -3,5%, mentre nel 2010 il tasso di disoccupazione salirà al 9%.»

Conclusione: Non ho parole...


mercoledì 18 marzo 2009

«No, a me non piace quello che faccio, lo faccio solo per senso di responsabilità. Mi fa schifo quello che faccio e sono disperato.»
Silvio Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri.

domenica 8 marzo 2009

Il mio 8 marzo

Elena Del Giorgio

Sarò onesta: quest'anno non 'sento' l'8 marzo.
Paradossale. A fronte della criminale manipolazione mediatica e politica rispetto al tema della violenza operata da quegli irresponsabili che ci governano e dal mondo del giornalismo dovrei essere portata a credere che quest'anno, più che mai, l'8 marzo dovrebbe essere importante.

Paradossale perchè conosco la portata storica e simbolica di questo giorno.

Paradossale perchè so che rappresenta un'occasione per sensibilizzare, parlare, discutere.

Paradossale perchè ho la piena consapevolezza di quanto ci sia ancora e più che mai un gran bisogno del nostro 8 marzo.

Paradossale? A pensarci bene non troppo.
Da quando lavoro all'interno di un progetto di ricerca europeo sulla valutazione comparata delle politiche di genere e di pari opportunità mi ritrovo quotidianamente a leggere documenti, leggi, decreti, articoli e libri sulla questione. Leggo le bestialità che escono dalla bocca e dalla penna della Carfagna (o di chi scrive per lei perchè dubito che sia in grado), salvo statistiche che parlano di un'Italia misogina, escludente, razzista, patriarcale e teocratica. Inorridisco. Quotidianamente. Non che prima non prestassi attenzione a tutto ciò. Anzi. In fondo non ho fatto altro che cercare di far sì che la mia 'passione politica' più sentita diventasse il mio lavoro.

Eppure mi accorgo che qualcosa è cambiato. Che oggi mentre su fb iniziano a girare le mimose digitali, gli auguri etc., le domande che mi faccio sono altre rispetto ad anni fa. E' la festa della donna e io, come tante altre (vedi Assunta Sarlo) mi chiedo:
DOVE SONO GLI UOMINI?
Dove sono le coscienze politiche, civiche ed emotive di tutti e di tutte?

Pensandoci mi accorgo che non ho voglia nè di andare a mangiare la pizza con le amiche, nè di uscire solo tra donne, nemmeno di andare alle manifestazioni (anche se poi so già che ci andrò).
Perchè vorrei che l'8 marzo fosse tutto l'anno.
Perchè vorrei che fosse la festa di tutti e tutte coloro che si sentono stretti in costruzioni simboliche e sociali basate sulla prevaricazione, sulla rigidità di ruoli malsani e costrittivi.

Affinchè le cose cambino allora il mio piccolo ma accorato appello va soprattutto agli uomini.
Non fateci gli auguri.
Non regalateci le mimose.
Guardatevi dentro come uomini.
Scavate nella vostra storia come noi abbiamo dovuto fare per uscire dall'oblio, dall'oblio nel quale chi è venuto prima di voi ci ha rinchiuse e nel quale, ancora troppi, ci vorrebbero.
Chiedetevi cosa vuol dire essere uomo. Cosa vuol dire per voi e non per chi ha già stabilito come dovreste essere.
Siate con noi, ascoltateci e mettevi in discussione oggi, domani, tra una settimana, un mese e un anno.
Le cose cambieranno solo se cambieremo insieme: uomini, donne...chiunque creda nella parola e non nelle 'mani', nell'ascolto e non nelle grida.
Solo così sconfiggeremo la violenza.
Solo così saremo tutt* un pò più liberi.

venerdì 6 marzo 2009

Per ammortizzare la crisi: un approccio europeo.

di Luciano Canova

In un periodo di massimo interesse per la dimensione e la durata della crisi finanziaria internazionale, l’utilizzo di modelli di microsimulazione per la valutazione di politiche pubbliche è uno strumento assai utile se si vuole considerare attentamente gli effetti della crisi stessa e il possibile ruolo dell’intervento pubblico da un punto di vista microeconomico. Restringendo l’analisi all’Unione Europea, la comparazione qualitativa di due modelli di stato sociale simili, quali quelli di Francia e Germania, consente di fotografare indirettamente la posizione relativa dell’Italia rispetto ad essi.

Si tratta di due sistemi a buon diritto considerati come active welfare states: accanto ad un obiettivo di incentivazione al lavoro, infatti, la disponibilità di strumenti di ammortizzazione sociale attua in Francia e Germania una redistribuzione che va a favore delle fasce di popolazione più vulnerabili alla mobilità o precarietà nel mercato lavorativo.

Scendendo più nel dettaglio dell’analisi, Francia e Germania presentano, come si diceva, una struttura piuttosto comparabile in termini di stato sociale. Entrambe prevedono uno schema di reddito minimo di inserimento attribuito a chi non dispone di risorse economiche autonome e che ammonta a circa 500 euro mensili. In Francia si parla del Revenu Minimum d’Insertion(1), in Germania di Arbeitslosengeld II (ALGII). Il meccanismo di funzionamento è il medesimo: stabilito per legge un reddito mimimo garantito(2), l’ammontare dell’allocazione risulta come differenza tra questo e il reddito da attività lavorativa percepito dal soggetto in causa.

In termini di aiuti all’alloggio, sotto forma sempre di trasferimento pubblico, la Francia prevede l’Allocation Logement, attribuita in proporzione alle risorse del beneficiario e in relazione all’area geografica di residenza(3); la Germania include, come già detto in nota, il suo ammontare all’interno dell’Arbeitslosengeld II. In media, le famiglie che ricevono questo aiuto all’affitto o al mutuo per la propria abitazione ricevono un sussidio di circa 200 euro mensili.

Un ultimo strumento a disposizione, solamente per la Francia in questo caso, riguarda un credito d’imposta garantito ai lavoratori a reddito medio-basso. Il Prime Pour l’Emploi(4) integra appunto i redditi che si trovano vicini alla soglia dello SMIC(5), il salario minimo stabilito per legge in Francia e che corrisponde a circa 1037,57 € netti al mese per il 2008. In letteratura, si parla di work-in credits, crediti di imposta che agiscono da ulteriore incentivo ad aumentare la propria offerta di lavoro. Il Prime Pour l’Emploi può raggiungere, in funzione del reddito percepito, un massimo di circa 950 euro annui.

Ora, se vogliamo rappresentare gli effetti combinati di questi strumenti di welfare sul reddito disponibile di un’unità di riferimento, strumenti come i due modelli di microsimulazione utilizzati, SYSIFF2006 per la Francia ed STSM per la Germania, consentono una rappresentazione molto efficace.

In letteratura si è soliti rappresentare graficamente l’evoluzione del reddito disponibile di una famiglia o di un individuo in funzione delle ore lavorate alla settimana.

Lo abbiamo fatto per Francia e Germania utilizzando lo stesso reddito(6) ed una stessa categoria di riferimento: famiglie mono-parentali senza figli con un salario fissato, per comodità di confronto, al livello minimo stabilito dalla legislazione francese, lo SMIC.

Questo ci consente di considerare l’effetto degli strumenti messi a disposizione dal decisore pubblico senza l’interazione delle altre allocazioni che entrano in gioco in presenza, per esempio, all’interno del nucleo familiare, di uno o più figli.

Figura 1 e Figura 2 evidenziano, attraverso un grafico ad area, come i singoli componenti agiscano da cuscinetto e ammortizzatore, appunto, per le fasce più vulnerabili: disoccupati o chi lavora meno ore.

L’effetto redistributivo è evidente in entrambi i grafici. La pendenza maggiore della curva relativa alla Germania tra le 0 e le 15 ore di lavoro settimanali indica invece un sistema più incentivante al lavoro stesso per questa tranche (part-time ridotto), anche se bisogna rilevare come una fetta davvero minoritaria dei lavoratori si trovi in una simile condizione contrattuale. A partire da questo punto in poi, invece, i sistemi appaiono altamente comparabili.

L’interesse di questo tipo d’analisi concerne anche l’Italia, almeno indirettamente. Dove si trova il nostro Paese rispetto a Francia e Germania con riferimento agli strumenti presentati?

Graficamente, per avere un’idea intuitiva, sarebbe sufficiente eliminare tutte le aree che riguardano il reddito minimo di inserimento (Fig.3), gli aiuti all’alloggio e il credito di imposta per lavoratori a basso reddito. Resterebbe solo l’area blu del reddito da lavoro(7).

Salvo qualche sperimentazione a livello locale ed un articolato insieme di proposte(8), il nostro Paese non è dotato di un sistema di ammortizzatori sociali articolato e generale, così come era programmaticamente indicato all’interno della tanto discussa e mai sufficientemente conosciuta Legge Biagi. Questo, a nostro avviso, rappresenta un punto chiave su cui produrre riflessione.

Il dibattito che concerne proprio il ruolo degli ammortizzatori sociali è molto acceso in tutta Europa e pone nuove sfide agli attori politici. La crisi strutturale del sistema economico europeo necessita risposte altrettanto strutturali: uno stato sociale moderno ed efficiente deve essere in grado di fornire strumenti e trasferimenti che combinino l’obiettivo di inserimento al lavoro con quello di redistribuzione e sostegno per le fasce più vulnerabili della popolazione. Il sistema paese Italia deve raccogliere questa sfida.

VEDI GRAFICO


(1) Nel 2009, un nuovo strumento, il Revenu de Solidarité Active, lo sostituirà: esso però non muterà la condizione di chi oggi percepisce l’RMI, il che non altera i risultati di questa analisi.

(2) In Francia 447,91€ nel 2008; 345€ più l’affitto per un appartamento di 45 m2 in Germania.

(3) Sono stabilite 3 zone: area 1 (Parigi e area metropolitana); area 2 (città con più di 100000 abitanti); area 3 (resto della Francia).

(4) Premio al Lavoro.

(5) Salaire Minimum de Croissance.

(6) Al netto della tassazione diretta specifica a ciascuno dei due sistemi.

(7) Con una diversa inclinazione dovuta all’effetto di un differente sistema di tassazione diretta.

(8) Vedi ad esempio Boeri e Garibaldi in Un nuovo contratto per tutti, Chiarelettere 2008.