sabato 27 aprile 2013


Il Circolo PD della Valchiavenna si è riunito il giorno venerdì 19 aprile.

L’ ordine del giorno prevedeva un appello a Bersani perché non lasciasse nulla di intentato contro la
possibilità di un governo con il centro-destra di Berlusconi.
Proprio mentre eravamo riuniti, è giunta la notizia delle dimissioni della Presidente Bindi e delle imminenti dimissioni del Segretario poi.
Tutti noi che, con altri, avevamo dedicato il nostro tempo e le nostre energie alle primarie, ai gazebo, alla
campagna elettorale (anche quella per le elezioni regionali) siamo rimasti profondamente delusi,
preoccupati ed increduli di fronte ad eventi che sembravano andare oltre le peggiori previsioni.
Non ci sentiamo rappresentati da parlamentari nominati, ai quali il popolo delle primarie aveva espresso
forte e chiara una volontà di cambiamento, da una dirigenza che non ha compreso appieno la natura e
l'estensione del crescente malcontento nel paese.
Abbiamo fatto campagne referendarie ed elettorali, l’ultima con temperature sottozero, mettendoci la
nostra faccia, anche a copertura di situazioni scarsamente credibili e difendibili, provando a motivare alla
politica ed all’impegno i giovani disponibili: cosa andremo a raccontare adesso?
Le ultime campagne elettorali sono state faticose, l’ultima contraddistinta dallo scarso coordinamento tra il PD ed Ambrosoli, ottimo candidato, ma sconosciuto e da far conoscere. Ma il materiale informativo ( quando c’era… Perché abbiamo fatto gazebo senza materiale) era materiale assolutamente non adeguato: vecchio, scontato, che non centrava l’obiettivo. Avremmo dovuto far conoscere Ambrosoli e non avevamo un manifesto o un volantino con la sua faccia fatti bene (ma dalla Lega e da Berlusconi non vogliamo imparare nulla?).

Abbiamo ascoltato Bersani che per settimane ha detto che il PD era il primo partito, ed ora, dopo due mesi
di stallo, abbiamo resuscitato Berlusconi e lo stiamo riportando al governo.
Avremmo avuto la possibilità di chiudere il ciclo di Berlusconi: invece lo stiamo mandando al governo. Ora l’alleanza con PdL appare l’ultima chance, ora che ci siamo infilati da soli in un tunnel, ci compromettiamo in un incomprensibile governo con lui. Era tutto previsto? 

Le scelte andrebbero almeno spiegate agli elettori: le candidature di Marini e di Prodi, il rifiuto della
candidatura di Rodotà e tutto quello che di vergognoso ne è seguito.
Le domande (senza risposta) che i nostri elettori ci hanno ripetuto, e si sono ripetuti, continuamente nei
giorni scorsi sono state:

- perché Marini? 
- perché Prodi? Chi non lo ha votato? Perché? 
- perché non Rodotà? 

Sono domande che ci stiamo facendo anche tra di noi, cercando risposte che non arrivano. Ci chiedevamo
che cosa stesse succedendo, nell’assoluta impossibilità di comunicare con il partito. Intanto i nostri
parlamentari, lontani anni luce dalla base, non sono riusciti o non hanno voluto farsi portavoce del bisogno di cambiamento, non ci hanno neppure provato. L’unica strategia, o tattica, che in queste terribili  giornate si intuiva (e si temeva) da questi professionisti della politica era l’alleanza con la destra di Berlusconi, una destra anomala, molto diversa dalle destre europee e degli altri Paesi democratici.
Questo ha capito la gente: la subalternità a Berlusconi.
Questi primi avvii del nuovo governo non ci hanno aiutato a capire cosa abbiano in testa le persone che abbiamo nominato al governo.
Eppure, alla fine del 2011, e soprattutto dopo le ultime elezioni, il governo con Berlusconi non era affatto
inevitabile ed obbligatorio, il PdL era addirittura fuori gioco. La classe dirigente del PD ci ha portati dentro il tunnel, senza altra via d’uscita.


Vogliamo sapere chi sono i 101 franchi tiratori, chi sono ed il perché del loro vergognoso comportamento.
Non per fare la caccia alle streghe, ma per trasparenza, perché sono a Roma grazie ai nostri voti ed al nostro lavoro. O faremo finta di niente e lasceremo il governo, o peggio il partito, nelle loro mani?


L’unica seria alternativa sarebbe la realizzazione di un vero partito riformista, un grande partito dei beni 
comuni, dell’ambiente, dei diritti: crediamo che la strada sia stata indicata in modo molto preciso da chi ha partecipato alle grandi prove di democrazia dei referendum e delle primarie e che ora è arrabbiatissimo e profondamente deluso.
Vorremmo un partito che rispetti il voto degli elettori e gli esiti dei referendum, rispettoso verso i suoi
elettori, di cui potersi fidare e che sia l’esempio dei valori da cui veniamo. Non un partito che ci crea
imbarazzi. Vorremmo un partito di cui non vergognarci, da non dover sempre giustificare.
Invece siamo un partito con una classe dirigente sempre più lontana ed irraggiungibile, che non risponde
alle email, ai messaggi, che ignora gli appelli, che ha paura di cambiare, che non ha coraggio, che persegue
la vecchia politica perché teme di perdere il potere.
Abbiamo faticosamente rinnovato anagraficamente il nostro parlamento, ma un parlamento giovane ha
votato un Presidente della Repubblica anziano: il PD, pur salvato da un Presidente anziano, ha deciso di non cambiare nulla e di non produrre alcun segnale di cambiamento.
Non ha cercato l’unico varco per il cambiamento, ne ha avuto paura.
Ed ha fatto due regali, uno a Berlusconi (il governo e la riabilitazione morale e politica) ed uno a Grillo (dandogli ragione e convogliandogli tutta la protesta).
Noi tutti viviamo tra la gente e sappiamo che i cittadini sono lontanissimi dalla guerra tra bande a cui
abbiamo assistito all’interno del PD.

Nello spazio di poche ore:

- abbiamo voltato le spalle ai nostri elettori; 
- abbiamo chiuso l’alleanza elettorale con SEL, azzerando il centro-sinistra; 
- abbiamo dimenticato completamente i temi su cui abbiamo insistito per anni, senza affrontarli seriamente; 

 Ne abbiamo abbastanza di un partito inaffidabile, che non fa altro che spaccarsi, apertamente o
vigliaccamente, in modo sterile e che non si dimostra all’altezza del mandato elettorale.

 Le giustificazioni riguardo allo strapotere della rete e dei movimenti sono deboli alibi: guardiamo ai
problemi dentro la nostra classe dirigente, ce ne sono abbastanza. Ambrosoli in qualità di grande elettore
ha lanciato le “quirinarie on line”, ma nella totale solitudine.

Nel circolo della Valchiavenna in questi anni si è collaborato responsabilmente ed intelligentemente tra
generazioni e storie politiche differenti, senza rigidità (cattolici, laici, renziani, bersaniani…) e siamo convinti che questa sia la situazione di tanti circoli. I problemi del nostro partito non stanno nei circoli, ma in alto. Pagheremo tutti il prezzo di queste giornate, in cui noi stessi abbiamo guardato allibiti i nostri rappresentanti nominati a Roma senza capire cosa stesse succedendo.
Oltre il possibile governo che non sappiamo quanto durerà e cosa riuscirà a fare, riusciremo a guardare un po’ più in là del nostro naso, al nostro futuro elettorale (non tanto lontano) preparandoci a non perdere anche i voti che abbiamo avuto e smettere di alimentare il malcontento e la protesta?

Con l’auspicio che chi di dovere ne tenga conto.